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La fobia sociale è un disturbo d’ansia molto comune, al quale spesso non viene dedicata la giusta attenzione. È molto difficile che una persona intraprenda una psicoterapia per questo motivo perché il più delle volte questa problematica si mimetizza dietro a timidezza e introversione molto forti. La persona che soffre di disturbo d’ansia sociale spesso tende a pensare che sia una questione di “carattere”, che lui sia semplicemente “fatto così”. In questo modo però si preclude la possibilità di una cura che possa essere risolutiva.
Il disturbo d’ansia sociale
La fobia sociale è un particolare disturbo d’ansia che si manifesta in situazioni di natura sociale. In queste occasioni, la persona teme di essere esaminata dagli altri e di essere valutata negativamente mentre invece il suo scopo è quello di mostrare una buona immagine di sé. La persona investita da questa problematica tende a provare ansia, paura, imbarazzo e vergogna prima, durante, e anche dopo situazioni di natura sociale. Questa problematica può avere un impatto molto negativo per la persona che ne soffre, la quale vive le situazioni sociali con enorme sofferenza e spesso ad evitarle. Nei casi più gravi, la persona può isolarsi, fa fatica a conoscere persone nuove, a mantenere le amicizie esistenti, a trovare un partner amoroso, può trovare difficoltà a cercare un lavoro e fare carriera… Secondo il DSM-5, la presenza di fobia sociale si associa ad alti livelli di abbandono scolastico, disoccupazione, minore produttività lavorativa e dello status socio-economico, minore qualità della vita e del benessere, si associa anche all’essere single, e all’assenza di figli soprattutto tra gli uomini.
Di solito l’esordio si colloca già durante l’infanzia o l’adolescenza e si collega ad una storia infantile caratterizzata da timidezza e inibizione. Tale disturbo rappresenta una problematica molto comune e, mentre per alcune persone tende a migliorare con l’età, per altre non succede senza un trattamento specifico. Spesso la fobia sociale si presenta in comorbilità con altri disturbi come depressione, disturbo evitante di personalità, abuso di sostanze ecc.
Come distinguere la timidezza dalla fobia sociale?
La timidezza è un tratto di personalità molto comune e di per sé non negativo. Nella società occidentale si tendono a preferire caratteristiche come disinvoltura e socievolezza, ma questo non vale per tutte le culture. In alcune società, la timidezza è valutata positivamente.
La timidezza può sicuramente rappresentare un terreno fertile per lo sviluppo di disturbi come la fobia sociale, ma le due cose sono distinte. Quando la timidezza causa un impatto significativamente negativo in aree importanti della vita, si può iniziare a parlare di fobia sociale. In modo particolare per fare diagnosi di disturbo d’ansia sociale, secondo il DSM-5, è necessario soddisfare questi criteri:
1. Paura o ansia marcate relative a una o più situazioni sociali nelle quali l’individuo è esposto al possibile esame degli altri. Gli esempi comprendono interazioni sociali (per es., avere una conversazione, incontrare persone sconosciute), essere osservati (per es., mentre si mangia o si beve) ed eseguire una prestazione di fronte ad altri (per es., fare un discorso).
Nota: Nei bambini, l’ansia deve manifestarsi in contesti in cui vi sono coetanei e non solo nell’interazione con gli adulti.
2. L’individuo teme che agirà in modo tale o manifesterà sintomi di ansia che saranno valutati negativamente (cioè saranno umilianti o imbarazzanti; porteranno al rifiuto o risulteranno offensivi per altri).
3. Le situazioni sociali temute provocano quasi invariabilmente paura o ansia.
Nota: Nei bambini, la paura o l’ansia possono essere espresse piangendo, con scoppi di collera, con immobilizzazione (freezing), aggrappamento (clinging), ritiro (shrinking), oppure non riuscendo a parlare durante le interazioni sociali.
4. Le situazioni sociali temute sono evitate oppure sopportate con paura o ansia intense.
5. La paura o l’ansia sono sproporzionate rispetto alla reale minaccia posta dalla situazione sociale e al contesto socioculturale,
6. La paura, l’ansia o l’evitamento sono persistenti e durano tipicamente 6 mesi o più.
7. La paura, l’ansia o l’evitamento causano disagio clinicamente significativo o compromissione del funzionamento in ambito sociale, lavorativo o in altre aree importanti.
Disturbo d’ansia o disturbo di vergogna?
Un ruolo importante nel disturbo d’ansia sociale viene rivestito dalla vergogna. La vergogna è un’emozione prettamente sociale, che, a livelli lievi è molto utile perché collegata a comportamenti prosociali e protegge dalla devianza. Se non avessimo paura del giudizio, non esisterebbe motivo per seguire le regole tipiche di chi vive in una società, faremmo fatica a costruire legami sociali, non ci sarebbero regole condivise. Se vissuti ad alti livelli, il tema del giudizio e il desiderio di dare una buona immagine di sé, possono diventare controproducenti e causare molta sofferenza. Nella fobia sociale, l’attenzione è focalizzata sul sé, sul proprio fallimento, sull’essere giudicato dagli altri come strano, diverso, stupido, noioso, inferiore, poco interessante, e quindi ricevere disprezzo e rifiuto. Nel momento in cui la persona è consapevole di vergognarsi, considera questa emozione un segnale di debolezza, e teme che gli altri se ne accorgano, si parla di metavergogna (cioè la vergogna della vergogna) che va ad ampliare ulteriormente la problematica. Spesso ci si può vergognare anche dell’attivazione fisiologica collegata all’ansia ad esempio arrossire, sudare, manifestare rigidità muscolare e della postura, balbuzie ecc.
Nella mente della persona con fobia sociale
Il modello cognitivo della fobia sociale sposa l’ipotesi di Clark e Wells secondo cui in risposta a situazioni sociali si attivano delle convinzioni di fallimento e dei pensieri automatici negativi che interessano pericoli sociali (ad es.: “non so cosa dire, penseranno che sono stupido”; “mi agiterò, perderò il controllo e tutti lo noteranno”; “suderò e penseranno che non sono normale”; “balbetterò e penseranno che sono stupido e impacciato” …). Quando la persona è in compagnia e ha questi pensieri negativi in testa, dedica la sua attenzione all’osservazione di sé come oggetto sociale, quindi non si gode la compagnia, ma tende a guardarsi dall’esterno per monitorare la situazione. Questi pensieri di pericolo sociale vanno a scatenare emozioni come ansia e vergogna oltre che sintomi somatici (arrossamento, sudorazione ecc.) e portano il soggetto a mettere in atto comportamenti protettivi (ad es.: evitare il contatto visivo, pensare molto prima di parlare, evitare di attirare l’attenzione, indossare abiti leggeri o di colore chiaro per il sudore, fino ad arrivare agli evitamenti più importanti quindi il non partecipare a feste ed eventi sociali ecc.).
Gli elementi di questo schema sono collegati tra loro a formare un circolo vizioso e spiegano anche il mantenimento del problema.
Come guarire dalla fobia sociale
La psicoterapia cognitivo-comportamentale (CBT) è risultata efficace per il trattamento dei disturbi d’ansia in generale e della fobia sociale. Tale approccio è considerato a livello internazionale evidence-based per la cura del disturbo d’ansia sociale. La CBT interviene nella messa in discussione delle credenze negative che riguardano il sé e la percezione di pericolo riguardante il giudizio sociale. Una volta condiviso lo schema di funzionamento, sarà possibile intervenire anche sulla percezione di inaccettabilità di un fallimento sociale, sull’attenzione selettiva che riguarda il sé come oggetto sociale, e sui comportamenti protettivi e di evitamento che alimentano il problema. A seconda dei casi, è possibile anche lavorare sulla comunicazione assertiva perché spesso chi soffre di fobia sociale tende ad assumere comportamenti passivi e accondiscendenti pur di evitare la critica e il giudizio.
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