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29 Settembre 2021Nella società del perfezionismo estetico si possono nascondere delle patologie che, se non riconosciute e curate in tempo, possono evolvere e peggiorare irreversibilmente. Una di queste è il disturbo di dismorfismo corporeo, che si caratterizza per accentuate preoccupazioni fisiche e comportamenti ripetitivi in risposta ad esse. Questo disturbo interessa sia le donne che gli uomini soprattutto in età giovanile. L’esordio in genere si colloca in adolescenza.
La società del fanatismo estetico
Sicuramente saremo tutti d’accordo nel constatare che viviamo in un’epoca in cui la forma fisica ha particolare importanza.
Basta aprire un social network a caso per trovarsi tempestati di immagini di corpi statuari, visi armoniosi e privi di qualunque tipo di imperfezione, capelli perfetti e lucenti, pelle radiosa e giovane. Le parole dieta, prova costume, detox e quant’altro ormai fanno parte del nostro linguaggio quotidiano. L’interesse spropositato nei confronti dell’aspetto fisico interessa fasce d’età spaventosamente più basse rispetto al passato.
Le industrie della moda, del make-up della skincare vanno a gonfie vele. Filtri, app di ogni sorta ormai sono un must da usare prima di pubblicare un’immagine personale, ed ogni giorno viene fuori una nuova ricetta, dieta o soluzione miracolosa per renderci fisicamente più attraenti e privi di qualunque imperfezione.
Siamo tutti più curati rispetto ai coetanei di 50 anni fa, ma paradossalmente, mai come oggi i livelli di insoddisfazione fisica sia maschile che femminile sono stati così alti.
L’interesse per la bellezza e la forma fisica può sfuggire da obiettivi sani (come il mantenersi in salute, avere un corpo energico, apprezzarsi e valorizzarsi esteticamente ecc) e raggiungere livelli patologici. Esistono varie psicopatologie correlate a questo tema: anoressia, bulimia, altri disturbi dell’alimentazione, ma anche depressione, varie forme di ansia, ortoressia (che è un disturbo ossessivo compulsivo che si manifesta per il cibo sano) e tanto altro. Se parlassi anche di grassofobia e di bullismo mi dilungherei troppo.
Tutte le patologie sopra citate sono davvero difficili da notare perché si mimetizzano dentro questo fanatismo imperante odierno per l’apparenza estetica (sì, lo dico davvero con un filo di rabbia verso la società in cui viviamo perché sono a contatto tutti i giorni con persone sempre più giovani che portano dentro tanta sofferenza e che sono vittime di una cultura profondamente sbagliata).
Non è segno di salute mentale essere ben adattati ad una società profondamente malata.
Jiddu Krishnamurti
Il disturbo di dismorfismo corporeo
Quello di cui voglio occuparmi in questo articolo è la dismorfofobia, oggi chiamata Disturbo di dismorfismo corporeo, in inglese body dysmorphic disorder – BDD (in questo articolo userò per praticità tutte le nomenclature come sinonimi).
Esso è una variante del disturbo ossessivo compulsivo (di cui ho parlato in questo articolo) e si caratterizza per una preoccupazione eccessiva per uno o più difetti fisici che gli altri non notano o che appaiono all’esterno in modo lieve. Tali preoccupazioni causano un forte disagio e vanno a compromettere la sfera lavorativa, scolastica, e/o sociale, e si accompagnano a dei comportamenti ripetitivi che vanno dai check corporei (allo specchio o in foto), ricerca di rassicurazioni, azioni mentali di confronto con gli altri o con il sé del passato.
Disturbo di dismorfismo corporeo può apparire anche con dismorfia muscolare, cioè con preoccupazioni legate alla costituzione corporea che viene percepita come troppo piccola e poco muscolosa.
Le persone che soffrono di dismorfofobia ritengono il proprio aspetto fisico brutto, non attraente e deforme. In alcuni casi la convinzione può raggiungere aspetti quasi deliranti e la persona può percepirsi in modo spaventoso e mostruoso. Il “difetto” estetico percepito può riguardare punti specifici del corpo (il naso, una cicatrice, i peli, seno, genitali ecc) oppure riguardare asimmetrie di aree del corpo. Queste idee sono vissute come intrusive e incontrollabili. Basta passare di sfuggita davanti ad uno specchio, una vetrina, o visionare una propria fotografia per attivare una escalation di pensieri carichi di ansia e spavento.
Quando si attiva questa catena di pensieri, il soggetto che soffre di dismorfofobia può reagire in vari modi: chiedere disperatamente rassicurazioni esterne, guardare per molte ore la propria immagine riflessa allo specchio, farsi foto da varie angolazioni e con varie fonti di luce per confrontare il difetto percepito nelle varie immagini, sottoporsi a trattamenti estetici ecc. Quando tutti questi comportamenti non sortiscono l’effetto desiderato, la persona può anche arrivare a chiudersi in casa, troncare i rapporti amicali per molto tempo e questo causa una forte compromissione della vita sociale e lavorativa del soggetto. Ci sono infatti adolescenti che abbandonano la scuola e le amicizie per questo motivo e ciò porta a sviluppare accanto a dismorfofobia altre patologie come la depressione, ansia sociale, fino ad arrivare anche a una psicosi manifesta.
Corpo, identità ed autostima
Il nucleo del disturbo di dismorfismo corporeo sembrerebbe essere una sorta di indifferenziazione sensoriale tra mondo interno e mondo esterno.
La nostra identità si genera anche attraverso la rappresentazione che noi abbiamo del nostro corpo e di come immaginiamo che gli altri lo percepiscano. Quindi il corpo gioca un ruolo molto importante nella costruzione dell’autostima e del senso di valore personale.
Il corpo costituisce un substrato di base dell’identità e le sue trasformazioni, sia in termini di acquisizioni, sia in termini di decadimenti, continuano ad avere un’influenza su come l’individuo si percepisce e si valuta lungo tutto il corso della vita.
(Palmonari, 2011, p. 105).
Si è visto come la soddisfazione corporea correli con l’autostima (anche se non è chiara la direzionalità di questa correlazione). Quando fallisce il processo di costruzione dell’identità succede che alcuni aspetti di essa non sono coesi e integrabili in una narrazione coerente. La parte inaccettabile viene quindi spostata sul corpo per avere maggiore controllo su di essa.
Dismorfofobia e adolescenza
L’esordio del disturbo di dismorfismo corporeo spesso si colloca durante l’adolescenza. Ciò accade perché in questo periodo si iniziano a formulare pensieri più astratti e ciò comporta un innalzamento della funzione riflessiva e del pensiero critico rivolto al sé.
L’adolescente è alle prese con la ridefinizione della sua identità a seguito di cambiamenti fisici, biologici, cognitivi e sociali. Il ragazzo inizia a chiedersi “chi sono io” perché ha bisogno di individuarsi, e quando questo processo viene eseguito correttamente si viene a costruire un’identità coesa e integrata. Quando invece il processo di integrazione identitaria fallisce, la parte negativa di sé viene spostata sul corpo e, nel momento in cui non si riesce a modificare il difetto estetico, la persona ne esce terrorizzata perché percepisce sé stessa come mostruosa e inaccettabile.
Tutti i cambiamenti adolescenziali modificano la percezione soggettiva, ma hanno anche un impatto sociale. In questo periodo si collocano anche i primi innamoramenti, e queste esperienze possono modificare l’immagine personale rafforzandola o svalutandola. La sfera sociale va ad interferire con l’auto-accettazione: in questo periodo è molto comune il confronto tra un sé ideale e un sé reale (come si desidera essere e come si è) e quando l’io ideale è troppo lontano e difficile da raggiungere si attivano meccanismi di controllo. Se la cultura dominante considera il corpo uno strumento di affermazione personale, il sé ideale si innalza troppo e la discrepanza con il sé reale aumenta, il risultato è che aumenta anche l’insoddisfazione e l’inaccettabilità.
Per tutti questi motivi è molto facile che in adolescenza prendano piede ansie dismorfofobiche momentanee, assolutamente sane e che si estinguono da sole dopo un po’ di tempo. Tali problematiche, in questa fascia d’età interessano principalmente il sesso femminile. Quando le trasformazioni della pubertà scatenano preoccupazione eccessiva per uno o più difetti fisici è molto probabile che la problematica si stia orientando verso una psicopatologia.
Come comportarsi di fronte ad un ragazzo con dismorfofobia?
È importante che la figura adulta diminuisca gli atteggiamenti critici e la comunicazione negativa. Se il ragazzo è vissuto in un ambiente giudicante e molto improntato su aspetti estetici, verrà più probabilmente interiorizzata una visione negativa di sé, il che potrebbe portare con maggiore probabilità a sviluppare ansie dismorfofobiche (ma anche altri disturbi, come detto in precedenza).
Il genitore del ragazzo con timori di tipo dismorfofobico può provare a rassicurarlo, ma questa è un’arma a doppio taglio perché la rassicurazione nel lungo termine può fungere da meccanismo di mantenimento del disturbo e quindi risultare controproducente. Anche ignorare il problema è dannoso.
Ciò che è davvero utile è domandare al ragazzo di parlarne approfonditamente in modo da esplicitare qual è il significato del suo sintomo e quindi che cosa teme che avvenga nel momento in cui percepisce il suo corpo come difettoso, quali sono le conseguenze che immagina. Questo serve a creare un collegamento tra la percezione sensoriale di un corpo “difettoso” e il significato mentale del sintomo. L’atteggiamento è importante che sia accogliente e sinceramente comprensivo in modo da soddisfare il bisogno di legame.
Se questi timori perdurano è importante consultare un professionista della salute mentale.
Guarire dal disturbo di dismorfismo corporeo: la psicoterapia
Il National Institute for Health and Care Excellence (NICE) nel 2005 ha stilato le linee guida per il trattamento del disturbo di dismorfismo corporeo. Le linee guida NICE suggeriscono di utilizzare la psicoterapia ad orientamento cognitivo-comportamentale (CBT) che includa la procedura ER/P (l’esposizione con prevenzione della risposta) in combinazione con un trattamento farmacologico.
La terapia cognitivo-comportamentale per la cura della dismorfofobia agisce su due fronti principali:
- la messa in discussione e la modifica delle credenze erronee e disfunzionali relative ai propri difetti percepiti e la riduzione dell’importanza attribuita a dettagli estetici;
- la modificazione del comportamento attraverso strategie di esposizione con prevenzione della risposta.
In seguito alla riduzione sintomatologica sarà possibile anche intervenire su esperienze di sofferenza e/o traumatiche che possono aver contribuito alla genesi del disturbo. Il tutto per costruire un senso di identità coeso e integrato in una narrazione di sé e della propria storia di vita.
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