Attacco di panico o disturbo?
17 Agosto 2020Il Disturbo Ossessivo-Compulsivo, più spesso abbreviato in DOC (o in OCD, dall’inglese Obsessive-Compulsive Disorder) colpisce, nel corso della vita, più di una persona ogni 50. Il DOC genera una grande quantità di sofferenza sia nell’individuo che ne soffre, che nei familiari, in quanto le conseguenze di tale disturbo possono essere molto gravi a livello personale, professionale e sociale.
Il DOC tende ad insorgere trai 15 e i 25 anni, ma emerge spesso anche nei bambini (tra i 9 e gli 11 anni) e negli adulti più maturi. Se non trattato adeguatamente e in tempo, il DOC tende a cronicizzarsi.
Per capire meglio come funziona il Disturbo Ossessivo-Compulsivo, proviamo a vedere l’esempio di Leonardo:
È una fresca sera d’estate e Leonardo sta per uscire di casa. Quella sera i suoi genitori sono fuori e lui ha un appuntamento con il suo gruppo di amici.
“Allora, la porta del terrazzo è chiusa, controllo le finestre e posso uscire”.
Leonardo si dirige frettolosamente verso le finestre della sua casa per accertarsi che siano chiuse.
“Perfetto, adesso posso uscire tranquillo”.
Leonardo chiude la porta di casa. Mentre afferra le chiavi della macchina, ricorda di non aver controllato la porta sul retro.
“E se fosse rimasta aperta? Se un ladro entrasse da lì avrebbe libero accesso all’intera casa”.
Leonardo immagina il ladro che riesce a forzare quella porta e ad entrare in casa sua rubando tutte le cose di valore. Immagina le mani del ladro intente ad afferrare il televisore nuovo di zecca comprato da suo padre pochi giorni prima. Immagina la sua casa svuotata e messa sottosopra. Immagina l’espressione sul volto dei suoi genitori nel venire a conoscenza dell’accaduto. Immagina che si sentirebbe bruciare dentro all’idea che tutto questo potrebbe essere provocato da una sua dimenticanza.
“Devo andare a controllare. Farò qualche minuto di ritardo all’appuntamento”.
Velocemente Leonardo apre la porta di casa, digita il codice per disinnescare l’antifurto e si dirige attraverso le stanze fino ad arrivare alla porta che collega la sua casa con il garage. Prova quindi ad abbassare la maniglia per controllare che la porta sia chiusa a chiave. La porta non si apre.
“Bene è chiusa. Adesso posso andare”.
Mentre Leonardo ripercorre il corridoio e si dirige verso l’uscita, nota sull’orologio in salone che sono le 9:15. L’appuntamento era alle 9:00.
“È tardissimo” pensa. “Dovrò inventare una scusa per giustificarmi del ritardo… per esempio potrei dire che sono uscito tardi dal lavoro”.
“Queste mie preoccupazioni sono esagerate, mi sto rovinando la vita!”
Mentre Leonardo stava pensando a tutte queste cose, era già uscito di casa e adesso si trova davanti alla sua macchina. Prende le chiavi e si rende conto di aver percorso tutto quel tragitto senza aver prestato attenzione ai passaggi necessari per la chiusura della casa.
“Ho messo l’allarme?” Leonardo cerca di ricordare il momento in cui era lì, vicino alla porta di casa, e digitava il codice. Ma niente.
“Devo assolutamente controllare. L’antifurto è la cosa più importante… dei ladri potrebbero entrare in casa e nessuno se ne accorgerebbe senza l’antifurto”.
Mentre pensa tutte queste cose, le mani di Leonardo tremano e il cuore batte all’impazzata. Non può permettere che accada una cosa così grave, per colpa sua, e solo perché non è stato adeguatamente attento. Nei minuti che seguono, Leonardo esce ed entra diverse volte da casa sua perché assalito da vari dubbi riguardanti la chiusura della sua abitazione. Arriva all’appuntamento con 45 minuti di ritardo e spiega ai suoi amici di essere uscito tardi dal lavoro.
“Come mai allora non ci hai avvisati?” lo incalza una persona del gruppo.
“Potevamo fare altro piuttosto che rimanere qui fermi ad aspettarti” continua.
Leonardo non avrebbe potuto avvisarli perché non aveva previsto di perdere tutto quel tempo per controllare di aver chiuso bene casa sua. Tuttavia, decide di non rivelare i suoi amici il vero motivo del suo ritardo per evitare di essere preso in giro. Spiega allora che aveva anche dimenticato il telefono in ufficio, e che quindi è anche dovuto tornare indietro a riprenderlo.
Questo è un esempio di quello che succede a Leonardo ogni volta che è l’ultimo ad uscire di casa. Spesso ha fatto così tardi da prendere la decisione di non uscire. A caldo, lui non riesce ad evitare di mettere in atto tutti quei controlli perché viene invaso da una sensazione di ansia così forte che aumenta sempre più finché non si è accertato di aver chiuso tutto. In passato ha anche provato a far finta di nulla e ad uscire senza controllare, ma con il risultato di passare gran parte della serata con la mente rivolta quel pensiero, e alla fine lasciava gli amici dopo pochi minuti dicendo di sentirsi poco bene pur di tornare indietro ed effettuare il suo controllo.
Leonardo pensa a quello che gli succede, e spesso è invaso da una sensazione di disperazione. È convinto di essere matto ed è deciso a non rivelare a nessuno il suo problema.
Il comportamento di Leonardo è molto comune ai nostri giorni, in psicologia è ben conosciuto come checking, fa parte del Disturbo Ossessivo Compulsivo, di cui una gran parte delle persone sono affette, seppur con livelli di intensità diversa. Il Disturbo Ossessivo Compulsivo può essere in certi casi particolarmente sviluppato fino ad arrivare a pregiudicare la normale vita di tutti i giorni.
Anche se Leonardo è convinto di essere matto, strano, e che nessuno potrà mai capirlo, il DOC è in realtà molto più comune di quanto si pensi: ne soffre dal 2 al 2,5% della popolazione.
Un Disturbo Ossessivo Compulsivo è caratterizzato dalla presenza di pensieri ossessivi che la persona non riesce a controllare. Questi pensieri generano una quota così alta di ansia e disagio che la persona si sente costretta ad attuare dei comportamenti compulsivi pur di prevenire che ciò che sta immaginando si avveri. La persona con DOC quindi tende a giocare d’anticipo. Quello che vuole evitare è una catastrofe che immagina, ma soprattutto il fatto di essere lui stesso responsabile di quella catastrofe.
Leonardo infatti non si è mai preoccupato di tornare indietro a controllare le porte di casa quando non era lui l’ultimo a uscire. Quello di cui si preoccupava era che dei ladri entrassero in casa per colpa sua. Questi sintomi si manifestano soltanto nel momento in cui è affidata a lui questa responsabilità perché non potrebbe mai perdonarsi nel caso in cui dovesse provocare lui stesso un evento così spiacevole.
A conferma di ciò, si è visto che le persone con DOC hanno di base una particolare sensibilità alla colpa e non riescono a tollerare di sentirsi responsabili di un danno. Si è visto anche che qualsiasi persona, nel momento in cui si trova in una posizione di responsabilità diventa più attenta e scrupolosa di quanto non sia in altre situazioni.
La responsabilità ci rende ossessivi.
Ognuno di noi ha sperimentato almeno una volta nella vita la paura di non aver chiuso bene la porta di casa ed è tornato indietro a controllare. Questo non fa di noi delle persone con DOC, ma al contrario spiega come siano profondamente comprensibili le dinamiche della persona che ne è affetta.
La storia di vita delle persone che soffrono di un DOC è di solito incentrata sul concetto della responsabilità. Spesso questi bambini hanno avuto genitori particolarmente severi che li rimproveravano con un senso di disprezzo rabbioso. Spesso, quello che viene ricordato è proprio il volto del genitore che accusa con il naso arricciato in segno di disprezzo, e le sopracciglia strette e aggrottate in segno di rabbia. Queste persone sono quindi cresciute con l’idea che non potevano permettersi di sbagliare perché altrimenti sarebbero stati profondamente colpevolizzati e disprezzati dal genitore.
Il Disturbo Ossessivo Compulsivo può manifestarsi in quattro modalità (che possono anche emergere contemporaneamente):
- il Checking (DOC da controllo) dove ci sono pensieri e ossessioni di controllo, come avviene a Leonardo. Il timore è che qualcosa di estremamente importante sia sfuggito al proprio controllo e che ciò determini una catastrofe. Per ovviare al problema si può ricorrere a compulsioni di controllo, a ricerca di rassicurazioni, ad evitamenti.
- il Washing (DOC da lavaggio) che ha ossessioni e comportamenti relativi alla pulizia e alla contaminazione. Il timore di fondo può essere il contagio, ma anche il semplice sentirsi sporchi al contatto da qualcosa che genera disgusto. La contaminazione che si teme può derivare da qualcosa di immateriale come il male morale degli altri o la sfortuna. Per ovviare al disagio causato da queste ossessioni, la persona ricorre a compulsioni di lavaggio che sono molto lunghe, insistenti e ritualizzate, oppure evita situazioni di contagio o richiede rassicurazioni esterne. Tale sottotipo di DOC ha delle caratteristiche in comune con l’ipocondria.
- Il DOC di ordine e simmetria, in cui la sensazione che predomina è che le cose non sono come dovrebbero essere. Tutti noi spesso incorriamo in questo pensiero, ma nel DOC tale idea non è tollerabile. Spesso infatti ci sono pensieri magici, superstiziosi e scaramantici dietro all’idea di aver compiuto un’azione in modo imperfetto, ad esempio: “se la mia scrivania non è perfettamente in ordine, succederà qualcosa di brutto nella mia vita, e ciò per colpa mia”.
- Il DOC da pensieri proibiti. Tali pensieri possono essere blasfemi, di tipo aggressivo, perversi, omosessuali o incestuosi. La persona ha paura di agire tali pensieri, ed essere egli stesso un pedofilo, un omicida, un violento, e ricorre a pensieri ossessivi pur di dimostrare a sé stesso il contrario. I pensieri proibiti possono riguardare anche l’idea di eventuali disgrazie, ed essere accompagnati dal timore di provocare le stesse per il fatto di averlo pensato.
La Psicoterapia Cognitivo Comportamentale (CBT) ha guadagnato negli anni grande validità scientifica per la concettualizzazione e il trattamento del DOC. Il protocollo prevede una prima fase di comprensione e spiegazione del disturbo stesso e dei motivi per il per i quali si è mantenuto nel tempo. Una volta spiegato come funziona il disturbo, si mettono in evidenza i costi dello stesso che motivano il paziente al trattamento. La fase centrale della terapia prevede l’utilizzo di tecniche sia cognitive che comportamentali. Infine, si lavora sul passato del paziente e sulla presenza di eventuali microtraumi dai quali è scaturita la sua vulnerabilità al senso di colpa e al disgusto, al fine di disattivare la carica emotiva di questi ricordi.