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25 Agosto 2021I disturbi d’ansia sono tra i più comuni nell’ambito della popolazione generale e sono spesso difficili da riconoscere perché si mimetizzano all’interno di manifestazioni emotive e comportamentali non psicopatologiche. Spesso la persona che ne è affetta è convinta di manifestare un proprio lato caratteriale ignorando il fatto di soffrire di un disturbo d’ansia. In questo modo si preclude la possibilità di una cura che potrebbe invece migliorare sensibilmente la propria qualità di vita. In questo articolo vediamo quali sono i principali disturbi d’ansia, come si manifestano, e quali sono le cure suggerite dalle linee guida internazionali.
I disturbi d’ansia
I disturbi d’ansia si manifestano tramite paura e ansia eccessive e disturbi comportamentali correlati cioè azioni di tipo protettivo e di evitamento. L’ansia è patologica quando eccessiva e persistente rispetto a quella che si prova in assenza di disturbo. Tutti noi siamo suscettibili a fasi di stress temporaneo, ma quando le manifestazioni ansiose si manifestano da più di sei mesi, la probabilità di trovarsi di fronte a un disturbo d’ansia aumenta.
I disturbi d’ansia sono più comuni nelle donne in un rapporto di 2:1 rispetto agli uomini. Tali problematiche possono manifestarsi anche nei bambini, e l’età evolutiva spesso è proprio il momento in cui si colloca l’insorgenza del disturbo.
I disturbi d’ansia più comuni sono:
- Disturbo di panico
- Agorafobia
- Fobia sociale (o Disturbo d’ansia sociale)
- Fobie specifiche
- Disturbo d’ansia generalizzata
- Disturbo d’ansia di separazione
- Mutismo selettivo
Ci sono poi altre psicopatologie che non vengono considerate trai disturbi d’ansia, ma in cui l’ansia si manifesta in modo preponderante. Tra questi abbiamo il disturbo ossessivo-compulsivo, il disturbo da ansia di malattia (che in passato veniva definito ipocondria), la depressione che se spesso si manifesta con delle caratteristiche ansiose, Il disturbo post-traumatico da stress, vari disturbi di personalità ecc. I disturbi d’ansia si distinguono l’uno dall’altro sia per la tipologia di oggetti e situazioni temute, ma soprattutto per il contenuto dei pensieri e delle credenze.
Per effettuare la diagnosi è pertanto indispensabile rivolgersi ad un esperto di salute mentale.
Conoscere l’ansia e la paura
L’ansia e la paura sono emozioni diverse ma molto simili e spesso possono manifestarsi in modo sovrapposto. La differenza tra le due sta nel fatto che la paura è la risposta emotiva che si ha rispetto a un pericolo imminente, mentre l’ansia è sempre anticipatoria perché è uno stato di tensione indefinito rispetto a qualcosa che potrebbe avvenire nel futuro. La paura si associa maggiormente ad una attivazione necessaria all’attacco o alla fuga, mentre l’ansia si associa in modo più frequente a tensione muscolare e vigilanza per prepararsi al pericolo futuro insieme a comportamenti prudenti o di evitamento. La natura anticipatoria dell’ansia fa scatenare nella persona che ne soffre dei comportamenti volti a prevenire la minaccia temuta. Tali comportamenti però quando si soffre di un disturbo d’ansia non sono altro che meccanismi di mantenimento della problematica stessa.
Davvero prevenire è meglio che curare?
La caratteristica principale di chi soffre di un disturbo d’ansia è quella di un atteggiamento iper-prudenziale, in cui le valutazioni di pericolo vengono fatte in modo eccessivo e sproporzionato. Le persone che hanno un disturbo d’ansia tendono ad agire sempre per prevenire un pericolo. Il bias cognitivo più comune è il “better safe than sorry”, in italiano: “prevenire è meglio che curare”. Utilizzare tale strategia in modo rigido ed esagerato consente alle credenze esistenti relative alla minaccia di prendere potere sull’esperienza immediata, portando nel tempo ad ansia cronica, incertezza, rimuginio ed evitamento.
L’attenzione selettiva ed errori di interpretazione giocano un altro ruolo importante nei disturbi d’ansia. Gli individui con disturbi d’ansia tendono a elaborare selettivamente le informazioni rilevanti per la minaccia nel loro ambiente. Ad esempio, un individuo con ansia sociale è probabile che, quando parla in un gruppo, presti attenzione a espressioni facciali minacciose (come rabbia e disgusto) piuttosto che ad espressioni neutre. Quell’individuo è molto probabilmente più propenso ad interpretare un’espressione facciale negativa come indicativa del disgusto dell’altro verso di sé piuttosto che per il contenuto della conversazione. Poiché di solito sono disponibili più informazioni rispetto alle risorse cognitive che abbiamo per elaborarle, i bias attentivi ed interpretativi creano un circolo vizioso in cui un mondo ambiguo viene vissuto come minaccioso.
Altra inferenza tipica di chi soffre di un disturbo d’ansia è quella del ragionamento emotivo spiegabile come: “se sono in ansia allora ci deve essere un pericolo”. Tale credenza, chiamata affect as information, oltre ad essere negativa è anche erronea perché il modo in cui ci sentiamo non dimostra il fatto che ci troviamo effettivamente di fronte a una situazione di minaccia.
Ma quest’ansia a cosa serve?
L’ansia e la paura sono emozioni utili perché ci permettono l’una di prevenire ed evitare il peggio, l’altra ci predispone a due tipi di risposte che sono l’attacco o la fuga. Tali comportamenti erano utili nelle condizioni di vita dei nostri antenati che dovevano difendersi da gravi pericoli fisici. Oggi queste emozioni insieme al repertorio di comportamenti e di manifestazioni somatiche fa ancora parte dei nostri strumenti di difesa, ma quando si attivano troppo facilmente o nel momento sbagliato possono portare a seri problemi. Mancanza d’aria, tachicardia, nausea, tensione muscolare, sono manifestazioni utili nel caso in cui noi abbiamo davvero bisogno di reagire fuggendo o attaccando l’avversario, ma non nel caso in cui la minaccia in cui ci troviamo e più psicologica che fisica (ad esempio se siamo ad un esame, o stiamo litigando con il nostro datore di lavoro non è il caso di attaccare l’altra persona fisicamente né di darcela a gambe). Allora potremmo chiederci:
“Quest’ansia cosa serve?”
Anche se oggi le minacce sono più psicologiche che fisiche, l’ansia conserva la sua utilità perché, se presente nella giusta dose, è in grado di mantenere la nostra mente vigile e migliora la nostra prestazione sia fisica che mentale. Quando le dosi di ansia aumentano, la situazione si capovolge.
L’ansia esagerata è dannosa sia nel breve termine perché, accompagnandosi a confusione e offuscamento mentale, peggiora le nostre prestazioni (come si vede dal grafico), ma anche sul lungo termine perché causa uno stato di ipervigilanza e tensione visibile anche a livello muscolare. L’ansia diventa dannosa quando si reagisce a falsi pericoli che vengono enormemente ingigantiti. Io la immagino come l’allarme di un’auto che scatta di continuo, anche quando non ce ne sarebbe bisogno.
Curare i disturbi d’ansia
La Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale (CBT) è quella con le migliori prove di efficacia per la cura dei disturbi d’ansia, considerata a livello mondiale il trattamento d’elezione per tali problematiche. Spesso ad essa è utile accompagnare anche una terapia farmacologica.
Il protocollo per la cura dei disturbi d’ansia prevede una prima fase di assessment e comprensione delle dinamiche che causano e mantengono il disturbo. Una volta condiviso con il paziente lo schema di funzionamento del problema, si interviene con la ristrutturazione cognitiva (tramite la quale si permette di modificare le credenze disfunzionali e abbassare la percezione di allarme), con tecniche di rilassamento (per diminuire l’arousal e l’attivazione corporea che l’ansia porta con sé), e tecniche di esposizione all’oggetto e/o situazione temuta. In ultimo si interviene sulla prevenzione delle ricadute.
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