Il Disturbo Ossessivo Compulsivo (DOC): cosa è e come curarlo
4 Agosto 2020Come fermare un attacco di panico
25 Agosto 2020Il disturbo di panico si caratterizza per la presenza di svariati episodi di attacchi di panico inaspettati che generano una grande quantità di preoccupazione e alterano lo stile di vita e il comportamento del soggetto che ne soffre. Gli attacchi di panico sono molto comuni nella popolazione generale e il disturbo di panico è, trai disturbi d’ansia, uno dei più diffusi.
Il fatto di aver avuto attacchi di panico non implica necessariamente l’aver sviluppato un disturbo di panico. Tali episodi possono essere passeggeri e assolutamente non psicopatologici. In questi casi non è necessaria una cura. In altri si possono celare dietro altre problematiche come il già citato disturbo di panico, ma anche l’ipocondria, il disturbo d’ansia sociale, fobie specifiche, il disturbo ossessivo compulsivo (DOC), il disturbo post-traumatico da stress (PTSD)… Pertanto, è necessaria la diagnosi di uno specialista della salute mentale (psicologo, psicoterapeuta o psichiatra) per comprenderne la natura.
Per capire meglio in cosa consiste il disturbo di panico, facciamo un passo indietro e vediamo quello che accade durante un attacco di panico:
Andrea è un ragazzo di 25 anni. Ha appena ottenuto un nuovo lavoro il che ultimamente lo rende molto stressato. Ha infatti paura di commettere qualche errore e che non gli venga rinnovato il contratto.
Un giorno, mentre si trova alla guida della sua auto, improvvisamente avverte un dolore al petto, tachicardia e formicolio agli arti. Accosta subito l’auto e pensa:
“Cosa mi sta succedendo?” “Come mai il mio cuore sta battendo così forte?”
Guarda le sue mani e si accorge che stanno tremando e sudando.
“Sta succedendo qualcosa al mio corpo!”
Mentre pensa queste cose, Andrea si accorge di avere l’affanno.
“Non riesco a respirare!”.
Nel tentativo di inglobare una maggiore quantità di aria nei polmoni, Andrea non fa altro che aumentare la sensazione di mancanza d’aria. Segue una sensazione di stordimento e di testa leggera. La tachicardia aumenta. Adesso il dolore al petto si è esteso all’intero torace.
Convinto di essere in preda ad un attacco cardiaco, chiede all’amico che è con lui di chiamare i soccorsi. Sono momenti di puro terrore.
Una volta giunto in ospedale viene detto ad Andrea che non ci sono cardiopatie. Si è trattato di un attacco di panico.
Differenze tra ansia e panico
Qual è quindi la differenza tra un episodio di attacco di panico e un’esperienza di ansia molto forte?
Ansia e panico sono due emozioni diverse. Si distinguono non tanto a livello quantitativo, ma qualitativo. L’ansia molto forte non corrisponde al panico, ma, al massimo, lo innesca.
Chi ha un attacco di panico inizia a provare così tanta ansia da pensare che la causa sia in sé stesso e comincia ad aver paura di avere un attacco di cuore, di morire, di perdere il controllo o impazzire.
L’ansia invece può certamente arrivare ad essere molto forte, ma si ferma al timore che si sta verificando qualcosa. Il salto di qualità che innesca il panico si ha quando si raggiunge la certezza che l’evento catastrofico temuto si sta per verificare esattamente adesso.
Le persone che hanno paura della propria ansia (in psicologia si parla di “anxiety sensitivity”) sono più vulnerabili agli attacchi di panico. È più probabile che abbia attacchi di panico una persona che di base non è ansiosa, ma che si spaventa della propria ansia (e delle manifestazioni somatiche correlate), rispetto a una persona abituata a provare tale emozione.
Una persona con alta anxiety sensitivity considera pericoloso il proprio arousal neurovegetativo perché teme la malattia, la morte, la perdita di controllo mentale, la pazzia, la ridicolizzazione altrui e l’umiliazione per via dei propri sintomi.
I sintomi di un attacco di panico
Un attacco di panico è un episodio di intensa paura o disagio che raggiunge il picco in pochi minuti. Può comparire sia partendo da uno stato di quiete che da uno stato ansioso. Durante un attacco di panico si manifestano 4 o più dei seguenti sintomi (DSM-5):
- Palpitazioni, cardiopalmo o tachicardia.
- Sudorazione.
- Tremori fini o a grandi scosse.
- Dispnea o sensazione di soffocamento.
- Sensazione di asfissia.
- Dolore o fastidio al petto.
- Nausea o disturbi addominali.
- Sensazioni di vertigine, di instabilità, di “testa leggera” o di svenimento.
- Brividi o vampate di calore.
- Parestesie (sensazioni di torpore o di formicolio).
- Derealizzazione (sensazione di irrealtà) o depersonalizzazione (essere distaccati da sé stessi).
- Paura di perdere il controllo o di “impazzire”.
- Paura di morire.
Il circolo vizioso del panico
Il modello di Clark riassume in breve cosa succede durante un attacco di panico.
Si innesca un circolo vizioso che culmina in un attacco di panico nel momento in cui:
- c’è uno stimolo che viene percepito come minaccioso
- la persona entra in uno stato di forte preoccupazione e ansia
- questa preoccupazione è accompagnata da sintomi corporei e mentali
- tutte queste sensazioni vengono interpretate in modo catastrofico
- ciò produrrà un incremento della preoccupazione e delle sensazioni somatiche
- finché non ci sarà l’esplosione dell’attacco di panico.
I sintomi corporei e mentali e l’interpretazione erronea e catastrofica producono dei comportamenti protettivi e di evitamento che a loro volta alimentano i sintomi psicofisici e l’interpretazione erronea.
Cause dell’attacco di panico
Dunque, gli attacchi di panico non sono altro che dei falsi allarmi che attivano la risposta ancestrale di “combatti o fuggi”. Ciò sembrerebbe dovuto a tre cause principali:
- la presenza di situazioni molto stressanti che ci predispone ad una risposta di attacco o fuga;
- l’iperventilazione o respirazione eccessiva;
- cause riconducibili alla personalità individuale (eccesso di emotività e tendenza a preoccuparsi soprattutto delle proprie risposte fisiologiche).
Andiamo a vedere ognuna di queste nel dettaglio.
- la risposta di attacco fuga è una risposta primitiva. Quando lo sforzo fisico non ha luogo, i cambiamenti fisiologici possono durare per più tempo entrando così in un circolo vizioso.
- L’iperventilazione (respirare con frequenza e/o profondità eccessive rispetto al dovuto) peggiora i sintomi che si sperimentano durante un attacco di panico. Il nostro corpo lavora in maniera ottimale quando la quantità di ossigeno e quella di anidride carbonica sono in equilibrio. Con l’iperventilazione si rompe questo equilibrio perché nei nostri polmoni c’è troppo ossigeno e poca anidride carbonica.
In breve con l’iperventilazione arriva più sangue e ossigeno nei polmoni ma meno in certe aree del cervello e del corpo dove c’è un restringimento dei vasi sanguigni. Le conseguenze sono i seguenti sintomi:
- mancanza d’aria
- testa leggera
- stordimento
- senso di irrealtà del mondo circostante e stranezza del proprio corpo
- confusione
- tachicardia
- formicolio
- rigidità muscolare
- mani sudate
- bocca o gola secca
La sensazione di mancanza d’aria porta respirare ancora più velocemente affannosamente e che non fa altro che peggiorare i sintomi sopra riportati. se l’iperventilazione dura per più tempo possono manifestarsi anche questi sintomi:
- vertigini
- nausea
- fatica a respirare
- costruzione peso dolore al torace
- paralisi muscolari
- aumento del senso di allarme e terrore che stia per accadere qualcosa di terribile come un attacco di cuore un’emorragia cerebrale, la morte, o che si stia per impazzire.
Quando si iperventila, si consuma molta energia e quindi si possono avere anche altri sintomi
- sentirsi accaldati arrossati
- sudare molto
- stanchezza
- affaticamento muscolare
L’iperventilazione è una risposta naturale e fisiologica relativa all’attacco o fuga e non è pericolosa perché questi sintomi scompaiono nel momento in cui si smette di iperventilare. In psicoterapia vengono proposte varie tecniche per conoscere l’iperventilazione e controllarla.
- Personalità. Ci sono persone che sono più emotive di altre e che tendono a focalizzare la loro attenzione sui propri sintomi fisici. Queste persone sono più empatiche e sensibili, ma anche più vulnerabili alle situazioni stressanti. In questi casi si interviene in psicoterapia utilizzando tecniche gli disputa per modificare le proprie credenze e tecniche di rilassamento.
Attacco di panico o disturbo?
L’attacco di panico è un’esperienza naturale e non patologica.
Solo nel momento in cui la persona vive in una condizione persistente di paura di avere attacchi di panico ed evita attività che, a suo avviso, potrebbero provocare tali reazioni (ad esempio l’esercizio fisico, il provare emozioni forti), allora probabilmente ci troviamo di fronte a un disturbo di panico. Se il soggetto tende ad evitare anche situazioni come il trovarsi in luoghi aperti e affollati, o in luoghi chiusi (come i mezzi pubblici), o evita di uscire di casa da solo perché teme un nuovo attacco di panico, allora si tratta di un disturbo di panico con agorafobia.
Cos’è l’agorafobia?
L’agorafobia si caratterizza per una marcata ansia e paura in determinate situazioni come uscire di casa da soli, trovarsi in spazi aperti (come parcheggi, mercati…) o chiusi (ad esempio mezzi pubblici, automobili…), trovarsi in coda o tra la folla, e in varie situazioni dalle quali sarebbe difficile trovare una via di fuga o ricevere soccorso nel caso in cui la persona dovesse presentare un attacco di panico o problematiche di altro genere che possono risultare pericolose o imbarazzanti. Spesso le persone con agorafobia tendono ad evitare di trovarsi in tali situazioni. Il concetto di agorafobia contiene in sé anche quello comunemente chiamato claustrofobia.
L’agorafobia di solito si sviluppa come conseguenza di un disturbo di panico, anche se c’è una piccola percentuale di persone (si stima il 5%) che sviluppa agorafobia senza aver mai avuto dei veri e propri attacchi di panico (detti attacchi di panico subclinici o paucisintomatici).
Il trattamento del disturbo di panico e dell’agorafobia
La prima cosa che si fa in terapia in questi casi è un adeguato assessment per accertarsi che gli attacchi di panico non dipendano da uso di sostanze (come droghe), condizioni mediche, o da altre patologie come l’ipocondria, il disturbo d’ansia sociale, fobie specifiche, il disturbo ossessivo compulsivo (DOC), il disturbo post-traumatico da stress (PTSD). L’assessment iniziale permette anche di verificare l’eventuale presenza di comorbilità. È infatti molto frequente trovare in una stessa persona sia il disturbo di panico che la depressione o altri disturbi d’ansia o di personalità.
L’intervento cognitivo comportamentale per la cura nel disturbo di panico prevede due livelli:
- il primo livello si compone di tecniche cognitive finalizzate ad intervenire sull’interpretazione catastrofica che innesca l’attacco di panico;
- il secondo livello prevede interventi di tipo comportamentale che favoriscano l’abituazione a determinate sensazioni corporee considerate intollerabili, e l’accettazione della possibilità di sentirsi debole o di perdere il controllo.
Infine, ci si focalizza sulla prevenzione delle ricadute.
La Psicoterapia Cognitivo Comportamentale (CBT) è al mondo considerata la prima scelta per il trattamento del disturbo di panico e dell’agorafobia. È superiore anche al trattamento farmacologico, anche se in alcuni casi può essere suggerito un trattamento combinato di psicoterapia cognitivo comportamentale e farmaci.
Cosa fare quindi durante un attacco di panico? Come aiutare chi lo sta avendo? Per l’articolo completo clicca qui