Il significato di personalità
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8 Maggio 2021Ognuno di noi crescendo si è costruito degli schemi che riguardano il modo in cui interpretiamo noi stessi, le relazioni e il mondo che ci circonda. Questo è importante e necessario perché altrimenti dovremmo ogni giorno destreggiarci in un mondo nuovo e sconosciuto. La nostra personalità comprende sia il modo in cui interpretiamo il mondo che le modalità tipiche in cui reagiamo ad esso. Tali schemi però possono, con la crescita, diventare rigidi, inflessibili, diversi dalla “norma” e causare disagio e sofferenza. In questi casi si parla di “disturbo di personalità”. Ma quindi cos’è un disturbo di personalità?
I disturbi di personalità
Un disturbo di personalità è un insieme di caratteristiche pervasive e inflessibili che causano disagio significativo e che deviano dalla cultura di appartenenza. L’individuo con tale disturbo agisce degli schemi riguardanti la cognitività (cioè il modo di percepire sé stesso gli altri e il mondo), l’affettività (cioè la varietà, intensità, labilità e adeguatezza della risposta emotiva), il funzionamento interpersonale, il controllo degli impulsi. Il soggetto esprime tali caratteristiche in maniera stabile e strutturale già in adolescenza o nella prima età adulta. Ad esempio, una persona con disturbo evitante di personalità avrà una valutazione di sé come socialmente inetta e inferiore (area della cognitività), tenderà provare spesso emozioni come vergogna e umiliazione (area dell’affettività) e di conseguenza faticherà nel perseguire obiettivi e sarà sempre attento a mantenere un distanziamento protettivo dall’altro evitando il contatto sociale (funzionamento interpersonale).
Il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5) offre questa definizione:
Un disturbo di personalità è un pattern costante di esperienza interiore e di comportamento che devia marcatamente rispetto alle aspettative della cultura dell’individuo, è pervasivo e inflessibile, esordisce nell’adolescenza o nella prima età adulta, è stabile nel tempo e determina disagio o menomazione.
Trattandosi di un argomento molto vasto e di un campo ancora in evoluzione, esistono al momento due tipi di concettualizzazioni relative ai disturbi di personalità: la diagnosi categoriale e quella dimensionale.
La diagnosi categoriale
Lo scopo di questo tipo di diagnosi è classificare il disturbo in questione in una categoria che ha determinate caratteristiche. I disturbi di personalità sono 10 e sono divisi in 3 cluster o gruppi in base ad analogie descrittive.
Cluster A
Gli individui con questi disturbi spesso appaiono “strani” o eccentrici.
- Il disturbo paranoide di personalità è un pattern caratterizzato da sfiducia e sospettosità, per cui le motivazioni degli altri vengono interpretate come malevole.
- Il disturbo schizoide di personalità è un pattern caratterizzato da distacco dalle relazioni sociali e da una gamma ristretta di espressività emotiva.
- Il disturbo schizotipico di personalità è un pattern caratterizzato da disagio acuto nelle relazioni affettive, distorsioni cognitive o percettive ed eccentricità nel comportamento.
Cluster B
Gli individui con questi disturbi spesso appaiono amplificativi, emotivi o imprevedibili.
- Il disturbo antisociale di personalità è un quadro caratterizzato da inosservanza e violazione dei diritti degli altri.
- Il disturbo borderline di personalità è un pattern caratterizzato da instabilità delle relazioni interpersonali, dell’immagine di sé e degli affetti, e da marcata impulsività.
- Il disturbo istrionico di personalità è un pattern caratterizzato da emotività eccessiva e da ricerca di attenzione.
- Il disturbo narcisistico di personalità è un pattern caratterizzato da grandiosità, bisogno di ammirazione e mancanza di empatia.
Cluster C
Gli individui con questi disturbi spesso appaiono ansiosi o timorosi.
- Il disturbo evitante di personalità è un pattern caratterizzato da inibizione sociale, sentimenti di inadeguatezza e ipersensibilità ai giudizi negativi.
- Il disturbo dipendente di personalità è un pattern caratterizzato da comportamento sottomesso e adesivo legato a un eccessivo bisogno di essere accuditi.
- Il disturbo ossessivo-compulsivo di personalità è un pattern caratterizzato da preoccupazione per l’ordine, perfezionismo ed esigenze di controllo.
Questo sistema di raggruppamento, sebbene utile in alcune situazioni di ricerca e didattiche, presenta serie limitazioni e non è stato coerentemente validato.
La diagnosi dimensionale
Un’alternativa all’approccio categoriale è la prospettiva dimensionale. Essa è stata inserita nel manuale diagnostico internazionale per i disturbi mentali solo da pochi anni per colmare le numerose carenze che derivano dalla diagnosi categoriale che ha un’utilità più accademica. Nella pratica clinica succede infatti troppo spesso che un paziente soddisfi i criteri per la diagnosi di più disturbi di personalità contemporaneamente.
Secondo l’approccio dimensionale, i disturbi di personalità rappresentano varianti disadattive di tratti di personalità “normale” andando a creare un continuum in cui porre una barriera di confine tra “normalità” e “patologia” può essere complesso e necessita di un lavoro di diagnosi specialistica.
Questa nuova prospettiva è tuttora in corso di studio.
Secondo l’approccio dimensionale, per porre diagnosi di disturbo di personalità c’è bisogno che intervengano in modo inflessibile, stabile e pervasivo:
1) una compromissione moderata o grave del funzionamento della personalità riguardante 2 aree principali:
a. il funzionamento del sé che comprende identità (cioè un’esperienza unitaria di sé, confini chiari tra sè e gli altri, capacità di valutazione di sé, regolazione emotiva) e autodirezionalità (perseguimento di obiettivi a breve e lungo termine, prosocialità, capacità autoriflessiva);
b. il funzionamento interpersonale che comprende empatia (comprensione e valorizzazione degli altri, tolleranza di opinioni diverse, comprensione delle conseguenze sugli altri del proprio comportamento) ed intimità (profondità e durata del rapporto con gli altri, desiderio e capacità di vicinanza, rispetto reciproco).
2) uno o più tratti di personalità patologici che sono organizzati in 5 domini:
- affettività negativa (che si contrappone alla stabilità emotiva e consiste nello sperimentare emozioni negative come ansia, depressione, colpa/vergogna, rabbia in modo intenso e frequente);
- distacco (il contrario di estroversione e corrisponde a ritiro dagli altri e dalle interazioni sociali intime);
- antagonismo (il contrario di disponibilità e consiste in azioni in contrasto con gli altri come aggressione, opposizione, inganno, manipolazione);
- disinibizione (l’opposto di coscienziosità e consta di comportamenti impulsivi, volti alla gratificazione immediata, senza riflettere sulle possibili conseguenze future);
- psicoticismo (che si contrappone a lucidità mentale e si caratterizza per esperienze e comportamenti insoliti, eccentrici e bizzarri).
Le difficoltà metacognitive
Vivere con altri esseri umani richiede la capacità di ragionare e attribuire intenzioni, desideri, convinzioni e stati d’animo a sé stessi e agli altri. Se un individuo manca di queste abilità si trova a muoversi in un mondo incomprensibile e inquietante. La difficoltà nel riflettere sugli stati mentali propri e altrui è tipica della persona con disturbo di personalità. Questa menomazione emerge in una difficoltà nell’accedere alla propria esperienza interiore, nel riconoscere adeguatamente gli stati mentali degli altri e nell’integrare diverse osservazioni sul proprio comportamento e su quello degli altri in narrazioni coerenti. Tutte queste disfunzioni vengono chiamate metacognitive. Tali capacità non progrediscono correttamente se non interviene un adeguato apprendimento all’interno delle relazioni sociali significative del bambino. I bambini maltrattati e trascurati hanno infatti difficoltà a riconoscere e distinguere le espressioni facciali che indicano le emozioni e il vocabolario che utilizzano per descrivere i loro stati interiori è scarso e impoverito. I disturbi di personalità hanno infatti un’alta correlazione con lo stile di attaccamento disorganizzato.
La psicoterapia dei disturbi di personalità
I disturbi di personalità sono curabili tramite un percorso di psicoterapia alla quale spesso si accosta anche un intervento farmacologico finalizzato ad una riduzione della sintomatologia del soggetto.
Il paziente con disturbo di personalità ha un funzionamento mentale e sociale che presenta molte peculiarità. Negli anni, si sono riscontrate difficoltà nella relazione terapeutica con i pazienti con disturbo di personalità e una certa inefficacia delle tecniche di psicoterapia tradizionali. Le normali strategie previste dal modello psicoterapeutico sono state quindi modificate e riviste in modo da renderle efficaci per questa tipologia di problematiche. Trai disturbi di personalità più studiati si inserisce quello borderline per il quale esiste un protocollo di cura ideato da Marsha Linehan molto efficace di tipo cognitivo-comportamentale chiamato DBT (Dialectical Behavior Therapy).
Durante il trattamento di un disturbo di personalità, il terapeuta fa esperienza diretta dell’organizzazione di personalità del suo paziente e viene coinvolto lui stesso nei cicli interpersonali tipici che guidano le relazioni dell’individuo con disturbo di personalità e che alimentano e rafforzano la sua patologia. La terapia dei disturbi di personalità quindi si pone come focus principale quello di interrompere i modelli interpersonali tipici e disfunzionali del soggetto e stabilizzare quelli funzionali utilizzando la relazione terapeutica come modello di scambio interpersonale sano. Lo scopo della psicoterapia dei disturbi di personalità è quello di spezzare i cicli interpersonali problematici, migliorare le capacità metacognitive del paziente in modo che lui comprenda e padroneggi meglio i suoi stati mentali (sia negativi che positivi, talvolta ricercati in modo compulsivo) e quelli degli altri, riesca a creare e mantenere intimità e senso di appartenenza ai gruppi e che migliorino le sue social skills e la capacità di cooperazione interpersonale.
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